All’inizio dei mesi estivi mi è tornata alla mente una statua di san Francesco che si trova ad Assisi presso l’Eremo delle Carceri. Lì c’è il santuario che custodisce la memoria di una consuetudine della vita di san Francesco: la ricerca di un posto tranquillo nel quale ritirarsi per pregare, per staccare, per riposarsi. Il nome “Carceri” non ci deve trarre in inganno, non significa “prigioni”, ma luogo appartato, solitario. In ogni luogo in cui si trovava Francesco sapeva ricavare una piccola chiesa per pregare.
La prima volta che Francesco giunse in questo luogo c’erano solo grotte naturali nel cuore della foresta. Proprio in una di queste grotte Francesco aveva posto il suo nido di preghiera. I suoi biografi raccontano le sue molteplici soste in questo luogo, nella preghiera e nella meditazione. E quando giungeva la sera esausto per la penitenza e i digiuni “stendeva il suo fragile corpo sulla nuda pietra”.
Uscendo dal santuario inizia il “Viale di san Francesco”, una suggestiva passeggiata nel bosco e si trova un bellissimo gruppo statuario realizzato qualche anno fa dallo scultore Francesco Bacci intitolato “Francesco, Leone e Ginepro contemplano il cielo stellato”.
Leone sta tracciando sul terreno il Grande e il Piccolo Carro. Ginepro, nella sua semplicità, guarda il cielo individua la posizione della Stella polare. Francesco è sdraiato a terra, con i piedi scalzi e con le mani dietro la nuca e contempla estasiato la notte splendente.
È un’immagine molto bella che ci ricorda la necessità di vivere ogni tanto momenti di riposo. Francesco ci racconta come lo intendeva lui il riposo, non come l’abbandonarsi all’ozio, non come lo svuotamento di ogni pensiero e di ogni passione. Il riposo come contemplazione del creato.
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